Biografia

Emanuele Montanucci nasce a Catania nel 1988. Già da bambino mostra una spiccata attitudine per il disegno e la pittura. Nel 2005 prende parte alla mostra collettiva “Arte e sport”, tenuta presso i locali del Collegio Santonoceto di Acireale. Nel 2006 consegue il diploma di maturità artistica presso il Liceo Artistico “Filippo Brunelleschi” di Acireale. Nel 2007 si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania, nel corso di Laurea in Scienze dei Beni Culturali. Nel 2009 ottiene il primo premio nell’ambito della mostra collettiva d’Arte Contemporanea organizzata dalla casa editrice “Bohémien” presso l’Antisala Consiliare del Comune di Acireale. Nel 2010 partecipa all’“Ottava Edizione della Biennale di Roma”, mostra collettiva organizzata dal Centro Internazionale Artisti Contemporanei (CIAC) presso le Sale del Bramante a Roma, e alla “3Festa dell’Arte a Catania” in collaborazione con il Comune di Catania e la Fondazione Calleri. Nel 2011 si accosta alla scrittura e consegue, nel 2012, il primo premio nell’ambito del concorso letterario “Scriviamoci con cura”, bandito dal CRO di Aviano (PN), con la pubblicazione del racconto. Due anni dopo, un altro racconto verrà pubblicato sul sito “Nuove Edizioni Bohèmien”. Nel 2014 espone cinque quadri specchianti nella Mostra Collettiva “Attimi di vita”, presso il Teatro Verdi di Maniago (PN). Nel 2015 consegue l’abilitazione per la professione di Scenografo. Nel 2016 è scelto come finalista nell’ambito del II° Concorso Nazionale di Arte Attuale “Cambiamenti” promosso da “Eneganart” con la collaborazione dell'Accademia di Belle Arti di Firenze. Oggi vive e lavora a Catania.

«La pittura di Montanucci è una “pittura d’indagine” che con una potente lente iperrealistica penetra le trame delle coscienza capovolgendo in uno specchio concavo le realtà quotidiane che si flettono mostrando il dorso, disvelando l’intimo più profondo, che riemerge in una visione onirica che trascina con sé lembi di surrealtà. Dissidi e contrasti affascinanti prodotti dalla mente in opposizione a se stessa. I suoi lavori sono un palcoscenico dell’assurdo-possibile. Per entrare dentro le sue opere bisogna affidarsi a un filo che, srotolato, permette il viaggio a ritroso. La pittura di Montanucci è il filo di Arianna che unisce realtà e sogno. L’euforia figurativa sfocia in mondi immaginari. I colori si acuiscono, i toni stridono, le forme si contorcono. Osservare, anche solo per qualche minuto, la sua pittura ci proietta dentro una visione labirintica che ci conduce in uno spazio profondo in cui figure misteriose si muovono in un ambiente che poco ha di naturale pur apparendo, a tratti, fortemente reale. Gli elementi sono associati spesso in modo imprevedibile, ma stimolante, ci conducono a una revisione della realtà, che ci proietta oltre le barriere della visione oggettiva e quotidiana. Importante è l’uso del titolo come ulteriore elemento estraniante che allo stesso tempo diventa chiave interpretativa. Parole che scavano nella mente dello spettatore e costringono a tenere spalancati gli occhi dell’interiorità.»

Antonino Costa, 2010

Montanucci e la pittura

Montanucci si cimenta con la pittura già all’età di sei anni, quando inizia a realizzare un cospicuo numero di disegni, acquarelli e tempere. All’età di undici anni dipinge il suo primo olio avviando così una produzione che sarà continua ed eterogenea. La sua attenzione è rivolta inizialmente al paesaggio etneo, alla natura e all’architettura, rappresentate secondo uno stile realistico. Durante gli anni liceali nei suoi lavori si avverte una decisa volontà di unire realtà e sogno: i colori, i toni e le forme incominciano ad assumere un carattere metafisico e surreale. Nel 2010 si ammala di una grave malattia, esperienza che lo segna anche dal punto di vista della produzione artistica. Il suo interesse è ora orientato alla dimensione psicosomatica delle malattie e al loro significato simbolico. Individuando nella malattia l’espressione esteriore del disagio umano generato dalla frequentazione di una realtà dualistica, si serve della pittura quale strumento catartico. Nel suo lavoro attuale, infatti, l’ossessione dell’unità è marcata dal ricorrente e assurdo accostamento di illusione visibile e realtà interiore.

 

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